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CENTRO STUDI E RICERCHE OLISTICHE

di MAURIZIO BATTISTELLA

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 “Yin & Yang are One”

 

Influenza della mente umana sul mondo esteriore: l'esperimento di Princeton

Sin dal 1979, il dr. Robert Jahn, professore di scienze aerospaziali e membro dell’Università di Princeton, avviò quello che venne definito Princeton Engineering Anomalies Research Center per lo studio scientifico dei fenomeni fisici correlati alla coscienza, o consapevolezza umana. 

Lo scopo di questa serie di questi esperimenti, di questa ricerca che il prof. Janh iniziò e portò avanti per un lungo periodo, era la ricerca dell’evidenza di un certo tipo d’influenza della coscienza umana sul mondo materiale.
Va premesso che il prof. Jahn, così come tutta la struttura di Princeton, all’epoca erano noti per il loro orientamento piuttosto conservatore e, tendenzialmente, non incline alle teorie della New Age.

In breve, quello che fecero essenzialmente i ricercatori fu questo: con un computer simularono quello che possiamo definire il lancio di una moneta per ottenere “testa o croce”; in effetti, il computer in oggetto generava una serie di +1 o -1, producendo quindi, in maniera casuale, delle cifre aritmetiche di pari valore, ma di segno opposto (sullo stesso principio di una moneta che può generare testa o croce, ora su un lato, ora sull’altro).

Fu messo un operatore davanti ad un computer e gli fu dato il compito di cercare di influenzare, con la sua mente, i risultati casuali che produceva il computer.
Va notato che, in questo caso, l’operatore era una persona non preparata, o allenata in alcun modo rispetto all’utilizzo della propria mente e delle proprie facoltà extrasensoriali; ovvero era un soggetto preso casualmente fra la popolazione media.
A questo soggetto si chiese di produrre, in tre diversi esperimenti ora un risultato zero, (ovvero far sì che i +1 e i -1 prodotti dal computer fossero in ugual numero), quindi un risultato positivo (con un eccesso di +1), ed infine un risultato negativo (con i -1 in eccesso).
Dal punto di vista scientifico nei tre diversi casi i risultati avrebbero dovuto non dimostrare alcuna differenza statisticamente significativa nell’ essere prodotti autonomamente o con la presenza di un operatore che cercava di modificarli tramite la sua volontà.

Al contrario ciò che accadde fu che, in maniera molto precisa, i risultati si orientavano verso la direzione in cui l’operatore era stato istruito di indirizzarli.

Come citarono i ricercatori: “I risultati generali indicano un modesto, ma persistente raggiungimento, che è ben oltre ogni ragionevole aspettativa casuale”.

L’esperimento in sé, dimostrò che la coscienza, o consapevolezza, o comunque il pensiero umano, possono influenzare in maniera significativa il mondo materiale così come lo conosciamo.

Dal punto di vista scientifico, la scoperta fu alquanto scioccante.

 

La consapevolezza e lo spazio

Una volta portato a termine l’esperimento di Princeton nella sua  prima fase appena citata, i ricercatori decisero di  verificare se lo spazio aveva, o meno, un’influenza sui risultati.

Ciò che i ricercatori si aspettavano di ottenere era una progressiva caduta della qualità dei risultati man mano che la distanza fra l’operatore ed il computer veniva aumentata: tuttavia, con loro disappunto o forse per la loro gioia (questo non lo si sa), ciò che accadde fu che anche quando l’operatore veniva portato a migliaia di chilometri di distanza dal computer, la sua influenza sui risultati restava definitivamente costante.

Questo dimostrava che non solo la coscienza aveva un’influenza sulla materia, ma anche che quest’influenza poteva essere esercitata a qualsiasi distanza.
Il concetto di non località della fisica quantistica, evidentemente qui si dimostrava in maniera molto palese.

Il fattore tempo

A questo punto, dopo aver superato questa ulteriore fase dello studio della consapevolezza umana sul mondo materiale, gli scienziati si chiesero se questo poteva avvenire anche influendo sul fattore tempo. In effetti tutti sappiamo che, in base alla teoria della relatività di Einstein, tempo e spazio sono strettamente correlati e quindi, la domanda dei ricercatori sembrava abbastanza lecita e logica.

Il presupposto al quale il prof. Jahn ed i suoi associati erano giunti, era che la mente umana producesse delle onde elettromagnetiche in maniera non dissimile dalle onde prodotte dal Suono, quando si propaga attraverso le molecole dell’aria o non dissimile dalle onde luminose.

Quindi, il passo successivo fu d’istruire l’operatore a cercare d’influenzare i risultati del computer dopo una certa distanza di tempo; in poche parole, l’operatore doveva cercare di produrre un certo tipo d’influenza su di un computer che sarebbe stato acceso un certo numero di ore dopo, (sembra che il massimo sperimentato fosse di 336 ore).

Ancora una volta, fra lo stupore generale, i risultati non si modificarono, né diminuirono, ma sostanzialmente, restarono solidi tanto quanti i risultati ottenuti nei precedenti esperimenti.
In breve, era come se la volontà e l’intenzione dell’operatore fossero rimasti momentaneamente in stand by fino al momento in cui il computer era rimasto acceso e quest’intenzione si fosse “riattivata”.

 

Uomo e donna

Nell’esperimento di Princeton, emerse un’interessante evidenza rispetto ad una variabile generalmente sottovalutata. Questa variabile era il sesso dell’operatore che stava davanti al computer.

Essenzialmente, quello che accadde fu che gli scienziati, per produrre l’effetto ricercato, cominciarono a mettere davanti al computer delle coppie di persone e si resero ben presto conto che le persone essendo dello stesso sesso, o di sesso diverso, l’influenza sui risultati  era notevole.
Ciò che si evidenziò fu che laddove due operatori dello stesso sesso cercavano di produrre un determinato risultato, questo, nella sua ampiezza si dimostrava incredibilmente minore di quando, un solo operatore cercava d’influenzare il computer; viceversa, quando venivano posti due operatori di sesso diverso per indirizzare la loro mente al fine di influenzare il computer, i risultati erano incredibilmente più alti nel loro margine di successo e, precisamente, 3.7 volte maggiori dei risultati ottenibili da un singolo operatore.

Questo ulteriore esperimento ci fa notare diverse cose.
La prima cosa, ad un occhio non perspicace, potrebbe addirittura passare inosservata ed è che in ogni caso (sia nei successi sperimentati,  sia negli insuccessi), quello che stava succedendo dimostrava che le menti umane s’influenzano comunque a vicenda.

In poche parole, quando due menti stanno lavorando assieme, s’influenzano l’un l’altra e, in maniera marcata, influenzano i risultati ottenibili.

In secondo luogo, questo ci fa notare che quando due persone di sesso diverso lavorano assieme, la diversa polarità crea una sinergia che tende a produrre risultati veramente sbalorditivi.

Ed ora la ciliegina sulla torta.
La ricerca dimostrò che quando i due operatori di sesso opposto, messi davanti al computer, erano marito e moglie, fidanzati o, comunque coinvolti in una relazione affettiva soddisfacente, i risultati tendevano a produrre una quantità di successi sei volte maggiore rispetto a quelli di un operatore singolo.

Ovviamente, l’impatto scientifico con questi risultati fu tale, per cui vennero ripetuti introducendo diverse variabili, al fine di verificarne l’assoluta credibilità. Alla fine, i ricercatori, dovettero tuttavia ammettere che i risultati ottenuti restavano comunque stabili e verificabili, indipendentemente da quando venissero messi alla prova.

La ricerca del prof. Jahn e dei suoi collaboratori, continuò per circa vent’anni e, per questo, può certamente essere considerata qualcosa di estremamente solido nelle sue basi e nei suoi risultati.

Ciò che questa ricerca ci dimostra è che la mente e la consapevolezza interagiscono in maniera significativa con l’ambiente esterno. Lo stesso prof. Jahn dichiarò che

 

«Alla consapevolezza è consentito di permeare il suo ambiente circostante fino ad un punto compatibile col suo proposito primario».

 

COMMENTI  ALLO STUDIO SUGLI ESPERIMENTI DI PRINCETON

Dal punto di vista del Sistema Inochi®, così come di altre discipline “alternative o mistiche”, l’esperimento di Princeton non dimostra niente di nuovo o che non sia già stato prodotto in modo estensivo da queste discipline.

In particolare, se consideriamo il Sistema Inochi®, possiamo notare come il concetto che la nostra consapevolezza e la nostra energia possano influenzare il mondo materiale, è assolutamente considerabile come facente parte delle basi stesse di questa disciplina.

In breve, è uno dei suoi stessi fondamenti.
Fin dai primi inizi il Sistema Inochi® ha sempre considerato la possibilità di lavorare con la nostra consapevolezza a distanza.

Non di meno, la stessa situazione si verifica con la possibilità d’inviare energia o, in un certo modo, un’influenza ben specifica, a distanza di tempo. Sebbene quest’ultima considerazione possa sembrare simpatica, ma non necessariamente avere una grossa influenza, ecco che ci pone di fronte ad un’interessantissima possibilità, che è quella di modificare in maniera determinante il passato ed il futuro.

La portata di questo fatto è chiaramente al di là delle ordinarie considerazioni quotidiane della persona media, offrendo delle possibilità di una tale ampiezza da essere addirittura considerate ben raramente, proprio per la loro portata.

Questo, in parte, forse ci ricorda la scelta del Buddha di non entrare nel Nirvana assoluto, fintanto che tutti gli esseri senzienti non abbiano raggiunto l’illuminazione. Questa sua scelta, proiettata in quello che noi potremmo definire un futuro di qualche tipo, dal punto di vista mistico è in realtà, visto il risultato scientifico, qualcosa di una valenza ben diversa, poiché in questo contesto, spazio e tempo non esistono; ed ogni “desiderio” altro non è che la proiezione della nostra volontà in un futuro nel quale essa resta intatta nella sua forza e nel suo impatto.